mercoledì 9 aprile 2008

Petrocelli ha sapientemente cantato l'oralità del verso futurista - recensione di Antonello Morea

L’oralità del verso nell’interpretazione della poesia futurista di Antonio Petrocelli.

Miscela di teatro e poesia, nel tardo pomeriggio degli scorsi 5 e 6 aprile, a Dublino, presso lo University College Dublin (UCD) e l’Istituto Italiano di Cultura di Dublino, abbiamo assistito allo spettacolo di Antonio Petrocelli, "TOOMMM TOOO TOOM...PAROLE IN LIBERTÀ", recitazione e interpretazione di testi poetici facenti capo a importanti esponenti del Futurismo italiano, da Balla a Cangiullo, Depero, Papini e Marinetti. Ma prima di parlare dello spettacolo, vorrei fare una premessa su ciò cui esso ci ha portato a riflettere.
Per arcano paradosso, il primo manifesto del Futurismo, quello citato nelle antologie scolastiche di tutt’Italia, inizia con il verbo "cantare":
"Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo".
Il verbo, poi, si ripete altre volte, a sottolinearne l’importanza e, ripetiamo, il paradosso:
"È il tramonto-direttore d'orchestra […]È lui che ferma a un tratto i timpani delle gamelle e dei fucili cozzanti, per lasciar cantare a voce spiegata sull'orchestra degli strumenti in sordina, tutte le stelle d'oro, ritte, aperte le braccia, sulla ribalta del cielo".
Il poeta, dice ancora Marinetti,
"Bisogna che […] si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.".
Questo perché i poeti futuristi devono, ancora una volta, cantare:
"Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro […] canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali […]", e così via.
Mi si chiederà: "ma di quale paradosso parli? Perché dovremmo leggerci un paradosso in queste parole?" Il paradosso nasce dalla contraddizione tra gli intenti distruttori e devastatori dei ponti col passato, con la tradizione secolare e accademica della poesia e dell’arte in generale a cui mira il futurismo ("un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia"; "Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie […]"; "Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo – […] il gesto distruttore dei libertari […]") e il suo tenace attaccamento al verbo "cantare". Il canto e, di conseguenza, l’oralità del verso, infatti, sono gli elementi della poesia degli albori, greca e latina, che proprio la modernità ha spesso tralasciato, schiacciando in un angolo d’ombra umida d’agonia il significato e l’intento comunicativo della poesia tradizionale. Proprio prendendo come modello l’avanguardia futurista, la poesia moderna, ignorando il verbo "cantare", si è, come dire, demusicalizzata, aggrinzendosi in angoli bui di non-senso, cerebralizzandosi all’inverosimile, facendo appello molto più all’intelletto che all’emozione e, dunque, dimenticandosi che musica e poesia furono confuse alla loro genesi.
L’aspetto stimolante, fascinoso e seducente dell’interpretazione della poesia futurista fatta da Antonio Petrocelli, avvenuta grazie all’efficace coordinamento tra Silvia Terribili, dell’Istituto Italiano di Cultura di Amsterdam e Bruno Busetti, direttore dell’Istituto dublinese, è stato proprio il poter assistere, per molti per la prima volta in assoluto, a quel "canto" di cui Marinetti parlava. Per tanti, siano essi esperti o semplici lettori, la poesia futurista ha sempre avuto una unica dimensione, quella visiva. Nelle scuole e nei licei non la si legge, la si guarda impressa sulla pagina, muta e inespressiva. Lo studente – e dubito che l’insegnante ne abbia una diversa comprensione – in quelle pagine del futurismo italiano non riesce a districarsi. Non hanno senso. Non sono, letteralemente, leggibili. Tutt’al più, come dicevo, sono guardabili come un quadro astratto e, ancora una volta, dunque, privo di senso. Quei segni, quelle indicazioni grafiche di ritmi e sonorità gutturali non hanno alcun significato se restano pure linee di inchiostro. Grazie alla splendida interpretazione generosamente regalataci da Petrocelli (attore di cinema, teatro e televisione, con un curriculum ricchissimo di esperienze e collaborazioni, dai film di Moretti, Bellocchio, Salvatores e Giordana a numerose produzioni teatrali italiane dei lavori di Sartre, Brecht e Jarry), per la prima volta quei segni guerrafondai e distruttori, quelle bombe ortografiche e calligrafiche di sillabe e parole in libertà, hanno assunto la loro reale forma. La forma che si nutre di ritmo e rumore, di metro e armonia propri. Certo, il ritmo che la poesia futurista impone non è quello aulico che la prosodia tradizionale modulava, ma un ritmo, diremmo, "in tempo reale", fatto d'accelerazioni, velocità, indugi e pause, dei toni concreti dell'eloquio classico e la simultanietà di una o più voci fra loro dìssone (come nella riuscitissima poesia di Balla, Macchina da scrivere, in cui Petrocelli ha coinvolto dodici persone del pubblico per eseguirla nella sua natura polifonica). Eppure, nonostante la sua natura di ritmo alterato rispetto a quello tradizionale, proiettato verso i lidi moderni del verso libero, l’interpretazione di Petrocelli ci ha mostrato intatti i nervi strutturali della poesia in quanto tale, ossia le sue qualità orali, comunicative, tipiche del canto e dell’arte della recitazione, che la consuetudine poetica moderna, in particolar modo quella che in Italia si è sviluppata tra gli anni 60 e 70, aveva tralasciato a favore dell’elemento cerebrale che rifugiva la comunicazione. Celebre la prefazione ai Novissimi, in cui Giuliani inneggia al
"montaggio asemantico dei segni" e alla pura "negazione della comunicazione esistente". Certo, prima ancora di Giuliani, fu lo stesso Montale a dare ragione ad un atteggiamento della poesia non incline alla "comunicazione": "Nessuno scriverebbe versi se il problema della poesia fosse quello di farsi capire". È breve il passaggio da questa affermazione alla conclusione triste riguardo al ruolo ridotto all’osso della poesia di oggi, così breve che ci appare del tutto logico e consequenziale il fatto che oggi la poesia non goda più di un vasto pubblico.
Dopo la performance di Petrocelli viene però naturale anche la speranza che un recupero non solo è in atto, ma c’è sempre stato. È più che altro una questione di prospettive. Il Novecento dovremmo quindi leggerlo sotto altre ottiche, forse. Probabilmente ci leggeremmo un instancabile tentativo di dialogo con la poesia tradizionale. Più che poesia "del" Novecento (riprendendo il celebre titolo di Mengaldo), dovremmo forse parlare di poesia "nel" Novecento. Più che sottolineare le distanze dal passato, dovremmo forse curarne le dinamiche di dialogo, sia che si tratti di un dialogo di netta opposizione, come nel caso del futurismo, sia che si tratti di un più piano dialogo di interscambio, come per esempio vediamo nella poesia di diversi, tantissimi mi viene da pensare, poeti del secolo appena trascorso, da Gozzano a Saba, da questi a Penna, da Pasolini a Bellezza, da Amelia Rosselli a Patrizia Valduga e così via.
Forse, veramente, l’anello mancante risiede nel recupero di un elemento senza il quale l’arte poetica perde, se non tutto, molto del suo senso: l’elemento orale.
I due pomeriggi regalatici da Petrocelli resteranno per tutti gli ascoltatori (non più semplici "lettori") a testimoniare il valore assoluto del verbo "cantare" usato da Marinetti e, con esso, la forza posseduta dalla parola poetica, potenziale espressivo assoluto. L’attore ci ha sapientemente "cantato" il dirompere dell’oralità futurista, che nasce dalla diversità della pronuncia, si forma sulla pronuncia, sul ripetere, esattamente come, quasi mille anni fa, già faceva, il più famoso poema epico della letteratura francese, la Chanson de Roland, in cui le riprese e le ripetizioni sono assai marcate perché non è fatta per essere letta in silenzio ma recitata, cantata, per l’appunto, ed ascoltata. Ecco quindi che l’oralità della poesia di Depero è esplosa nelle orecchie dell’ascoltatore, marcando i suoi campi comunicativi. L’interpretazione di Petrocelli la ha resa evidente, chiara, lucida, enucleandone le sperimentazioni sul corpo della parola, sul gesto, sulla traccia disegnata e sulla voce, sfociando in quell’universo dove i confini tra musica, teatro e poesia si sono ricondotti al loro stato primordiale di magma unico e indistinto, come il virare tra i colori dell’iride nello spettro visivo, mutevoli ed interscambiabili. La poesia si è trovata naturalmente commista al canto, alla musica, alla preghiera, al "mantra", direbbe Zanzotto.
Il pubblico si è visto proiettato nel clima euforico dell’inizio del secolo scorso e si è lasciato guidare dall’arte di Petrocelli come attraverso un itinerario turistico a metà tra il dotto e il divertito. I luoghi, nella fattispecie, per esempio, della Firenze di Papini o la Napoli descritta da Marinetti, si sono così mostrati nella frescezza delle loro essenze, con i loro rumori e i loro fiori, i loro umori di uomini vivi e i loro fantasmi che la parola poetica "detta", anche gridata, ha sottratto all’oblio e riconsegnato al mito. Sì il mito, nucleo pulsante della poesia di tutti i tempi, è esattamente il risultato della sottrazione della cifra "orale" dalla nozione, più piatta, di pagina stampata. Per chi assiste ad una lettura o semplicemente per chi legge in proprio a voce alta, la poesia risveglia il suo arcano legame col suono, riappropriandosi del suo elemento reale, il ritmo, la musicalità della parola, dove i significanti si fanno avanti non più spogli ma vestit di significati veri e propri.
La riflessione che se ne trae ha due punti importanti di arrivo. Il primo è che non è possibile concepire un progresso in poesia dimenticando le sue radici. Un dialogo, sia pure di totale opposizione come avveniva con il futurismo, è necessario. Il secondo è che la poesia ha bisogno di riacqustare una "voce" in tutti i sensi, particolarmente da noi in Italia. Soprattutto la modernità pare che si sia dimenticata che la Commedia dantesca era letta per strada, a Firenze, da Boccaccio e che attorno all’umanista nugoli di gente comune si creavano, attratti dal senso che la parola poetica suscitava in loro, dall’irresistibile nastro sonoro che in quell’istante, proprio perché fornito di un corpo e una voce reali, instaurava l’irrecidibile legame tra poeta e lettore, tra poesia e orecchio. Ciò di cui dovremmo riappropriarci, dunque, è l'oggetto stesso della poesia: non più tanto, e non più del tutto, l’asmatica lettura muta di una pagina, ma lo spazio dinamico d'un "teatro della parola", dove il poeta-istrione, o il lettore-istrione, interpreta le varianti infinite insite nei testi poetici di tutti i tempi, da quelli danteschi a quelli di Magrelli. Così soltanto, forse, la poesia potrebbe uscire dal cunicolo buio in cui agonizza e dal silenzio: fuori a guerreggiare di nuovo nel mondo, a "cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità".
Antonello Morea.

Antonio Petrocelli affascina in Olanda - recensione di Silvia Terribili

NFORM - N. 235 - 18 novembre 2005
CULTURA ITALIANA
Recital di poesie futuriste ad Amsterdam e Rotterdam
Antonio Petrocelli affascina in Olanda con le sue Parole in libertà
AMSTERDAM - Un paese come l’Italia che spende senza batter ciglio 1200 milioni di euro per una missione di guerra, si rivela poi incredibilmente restio a scucire pochi spiccioli per organizzare una serata di poesia.
Per fortuna uno spettacolo di questo tipo costa poco, si può fare ovunque, in qualsiasi sala, anche senza luci e effetti speciali. E può risultare uno spettacolo straordinario, avvincente, affascinante.
Sto parlando di Parole in libertà, la lettura di poesie futuriste che Antonio Petrocelli, attore di cinema, teatro e TV ha proposto il 5 e 6 novembre 2005 in Olanda a Amsterdam e Rotterdam su invito dell’Istituto Italiano di Cultura e della Dante Alighieri.
Antonio Petrocelli è un attore fiorentino di origini lucane, con alle spalle una consolidata carriera cinematografica in più di 50 film con i principali registi italiani come Nanni Moretti, Gabriele Salvatores, Marco Bellocchio, Liliana Cavani e Enzo Monteleone e molti altri, nonché un discreto curriculum teatrale in circa 40 produzioni maggiori.
Essendo legata da personale amicizia a questo personaggio, e ritenendo che un attore come lui, con le sue potenzialità espressive, può permettersi solo di essere bravo, sono sempre molto esigente nel valutare le sue prestazioni professionali. Se in un film o uno spettacolo teatrale o una lettura poetica Antonio non mi convince, sono capace di scrivergli due cartelle di osservazioni gentili ed educate, ma piene di critica feroce.
Credo che ormai Petrocelli sappia bene che, se commette qualche faux pas, sono la prima a farglielo notare, almeno sul piano artistico.
Ma veniamo alla serata, dopo un primo avvio, peraltro brillante da parte dell’attore, ma accolto da prudente scetticismo da parte mia, sono stata costretta a capitolare e ho cominciato a ridere e divertirmi tanto da desiderare che quello show non finisse mai.
Il punto di non ritorno l’ho toccato con la declamazione della Canzone Rumorista seguita dalla Verbalizzazione astratta di signora di Fortunato De Pero. La forza di questi pezzi sta nel bellissimo connubio tra associazioni di idee, allusioni e ironia che li trasforma in una specie di corteggiamento giocoso nei confronti del pubblico, che non puo' più resistere e restare serio ed è costretto a lasciarsi coinvolgere, a soccombere alle sollecitazioni sempre più incalzanti dell’artista.
Una grande varietà di spunti e di acrobazie vocali viene offerta da Tramvai (al quale il poeta rivolge un saluto “metallico” a cui il tram -a modo suo, come potrebbe fare un tram quindi- risponde) e dai Colori, sempre di De Pero, in cui, in un bellissimo intreccio di poesia e astrazione filosofica, i colori vengono descritti e visualizzati lasciandosi guidare dalle associazioni mentali suggerite dalle sillabe, e dai suoni delle onomatopee, nate da una immaginazione geniale e a metà strada tra la poesia e la musica. Come si rappresenta il nero con la voce, e il grigio, e il rosso? Trattando i colori come fossero spartiti musicali che il fine dicitore futurista legge ovvero suona come fossero una frase musicale.
La poesia futurista sperimenta in continuazione le immense possibilità espressive non solo della parola, ma anche delle sillabe, dei suoni e delle unità minime di significato, scartando continuamente e saltando vivacemente da un campo semantico all’altro. Lasciandomi anch’io guidare da associazioni di idee, potrei ricollegare la loro operazione alle tecniche di priming con cui in psicolinguistica si sperimentano gli effetti delle parole sull’emisfero destro del cervello.
Antonio ci ha poi proposto la Canzone Pirotecnica di Cangiullo che è uno tra i pezzi che mi hanno colpito a prima vista. Giuro che, se chiudo gli occhi, Antonio mi fa « vedere » i fuochi d’artificio, i più belli, quelli non industrializzati, quelli dei ricordi delle feste di ferragosto al mio paese.
La Piedigrotta di Cangiullo è un pezzo frenetico e urlato in cui esplode tutta la napoletanità del poeta, in un ritmo sanguigno e direi quasi orgiastico che travolge lo spettatore.
Il recital si è concluso con due pezzi marinettiani, Spiralando sul porto di Napoli e Bombardamento con cui il brillante Marinetti (e il suo non meno brillante interprete) fa sfoggio della sua arte declamatoria e teatrale e attraverso sorprendenti “corridoi di analogie” e continui scarti semantici si rivolge direttamente agli amici e agli artisti che lo ascoltano.
E’impossibile declamare poesie futuriste se uno non ci crede veramente, se non si concede al pubblico, se non si espone e se non rischia. Non è facile essere presi sul serio dal pubblico proponendo testi come “zin zuozi zuazi zuezi…”. Ed è assolutamente impossibile far ridere se non si è bravi a recitare come Antonio. E cosa dire dell'Inno alla bajonetta e di tutta la gamma delle Sensazioni di fiori, vetri e metalli, pezzi virtuosistici di grande effetto, declamati o forse dovrei dire suonati mirabilmente dal nostro strumentista futurista.
La cura del particolare, l’attenzione ai dettagli senza perdere di vista l’unitarietà del proprio discorso. Anche in questo Petrocelli si è mostrato all’altezza del compito. L’abito di scena ad esempio, una camicia bianca con su stampati asimmetrici riquadri di parole in libertà, lontano da facili esagerazioni, niente trovate sopra le righe, il fascino insostenibile della leggerezza, della semplicità. Lo spettacolo di Antonio è racchiuso nell’energia del suo corpo, nella sua faccia, nella sua voce.
Antonio gioca con il pubblico, i suoi sguardi sono provocatori, una sfida continua a 360 gradi, sono sollecitazioni che arrivano al corpo, alla mente, all’anima. La comunicazione futurista è un’arma di seduzione totale, qualcosa che fa pensare al volumetto marinettiano : Come si seducono le donne. Come si seduce lo spettatore. “Bisogna continuare a insistere, esasperare, perfezionare il piacere “ dice Marinetti e il nostro fine dicitore insiste, in un’escalation di sollecitazioni sonore, visive, olfattive, dinamiche e tattili, in un’esplosione felice dei sensi.
Lo spettacolo è un insieme di gioco e riflessione sulla capacità di evocazione della parola nelle più sottili sfaccettature, uno studio ricercatissimo sulle potenzialità dell’onomatopea, qualcosa di molto semplice e raffinato allo stesso tempo. Io credo che esibizioni di questo tipo dovrebbero girare di più in Italia e che conquisterebbero subito il pubblico attento che ha voglia di giocare, per l’immediatezza e la giocosità e la leggerezza del messaggio. Divertimento allo stato puro, condito sapientemente da frecce e understatement che ti accendono dentro il sorriso e la voglia di vivere.
Riscoprire l’immenso patrimonio futurista, lavoro che Antonio pazientemente ha fatto riandando a scovare autentici “spartiti” futuristi ingiustamente dimenticati uscendo fuori dalle convenzioni e dal mainstream. Qualcosa di molto fresco, di originale, di grande effetto. Non dimentichiamo che il futurismo è stato forse l’ultimo grande movimento artistico europeo e internazionale caratterizzato da una incredibile libertà espressiva. Un momento giocoso in cui artisti di tutte le discipline in tanti paesi europei si sono riconosciuti e ispirati a vicenda. Non dimentichiamo che la ventata di libertà e di anticonformismo ha segnato anche un’importante fase liberatoria per l’emancipazione e la creatività femminile.
E, perché nell’attuale fase di riflusso post-femminista, non torniamo a valorizzare i testi e i lavori delle artiste e parolibere futuriste? Sarebbe un’operazione interessante proprio oggi in un momento in cui il ruolo della donna nell’immaginario mediatico è riprecipitato ai minimi storici, a livelli intollerabili di luoghi comuni, e stereotipi fortemente penalizzanti.
Antonio non è solo un abile performer futurista, ma anche ottimo attore e autore. Dopo il successo del suo primo romanzo autobiografico Volantini, ha nel cassetto un nuovo romanzo che è un’introspezione sulla condizione dell’attore e una dichiarazione d’amore incondizionato per il cinema e per tutto ciò che esso rappresenta.
Il suo secondo romanzo ha tutte le carte in regola per diventare un bellissimo film, se solo Antonio trovasse quattro o cinque amici disposti a partire per questo viaggio, persone con la sua stessa bravura e genialità che non avessero paura di realizzare un sogno.
Nel cassetto Petrocelli ha anche il Runzuliante, monologo teatrale basato sul Reduce del Ruzante, tradotto e recitato in dialetto lucano, la lingua madre dell’attore. Un testo tragicomico e profondo che può considerarsi una dichiarazione aperta di condanna di tutte le guerre.
Insomma, Antonio Petrocelli ci sa fare. Come attore, come autore, come performer futurista, come artista sincero, che sa trasmettere il senso del bello. Complimenti per uno spettacolo che richiede grande virtuosismo, ma non te lo fa pesare mentre ti stupisce e ti conquista per la varietà, la genialità, il perfetto dosaggio di eros e ironia. Bravo. (Silvia Terribili - Radio Onda Italiana, http://www.ondaitaliana.org/./Inform)
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martedì 8 aprile 2008

CURRICULUM

Elisabetta Masotti e Studio franca di meglio & C.
Viale del Vignola, 70 – 00196 Roma
06 32651631 fax 06 32651784
studio@elisabettamasotti.191.it

ANTONIO PETROCELLI
Lingue : inglese e francese
Dialetti : meridionali/toscano
TELEVISIONE
Delitto in via Teulada A.Lado
Colomba G. Battiato
Don Sturzo G. Fago
Effetti Personali G. Bertolucci
Il viaggio difficile G. Pelloni
Ha partecipato ai varietà "Domani si gioca" e "Fuori Orario"
Un poliziotto una città serial 13 ep. RAI 2 M. Rotundi
Il giudice: Il caso Corderi G.L. Calderone
Felipe ha gli occhi azzurri 2 F. Farina
Michele va alla guerra F. Rossi
Il caso Redoli M. Martelli
Indagine al Microscopio G. Lazotti
Una donna per amico 3 M. Graffeo
Cuore M. Zaccaro
Benedetti dal Signore F.Massaro
Augustus R.Young
Iacchetti Night show per la TSI
La Omicidi serie TV regia R.Milani
Il mammo 1-2-3 sit-com con E.Iachetti regia M.Simonetti
I Cesaroni 1(t.p.) serie TV regia F.Vicario
I Cesaroni 2
I Cesaroni 3
La Provinciale regia P. Pozzessere
Quo vadis baby per sky fiction regia G. Chiesa
CINEMA
L’appuntamento Biagetti
I Carabinieri F. Massaro
Fiore o frutto R. Miti
Io Chiara e lo Scuro M. Ponzi
Gli occhi la bocca M. Bellocchio
Segreti Segreti G. Bertolucci
Mai con le donne G. Fago
Il ten. dei carabinieri M. Ponzi
Man on fire E. Chouraqui
Notte italiana C.Mazzacurati
Domani accadrà D. Lucchetti
Strana la vita G. Bertolucci
Caruso Pascosky F. Nuti
Palombella rossa N. Moretti
Il prete bello C. Mazzacurati
Willy Signori F. Nuti
Il portaborse D. Lucchetti
Donne con le gonne F. Nuti
Un’altra vita C. Mazzacurati
Dove siete, io sono qui L. Cavani
Caro Diario N. Moretti
Sud G. Salvatores
Pasolini, un delitto italiano M.T. Giordana
La Scuola D. Luchetti
La seconda volta M. Calopresti
Vesna va veloce C. Mazzacurati
Il re di Rio G. Veronesi
L’uomo d’acqua dolce A. Albanese
Santo Stefano A. Pasquini
Il signor Quindici Palle F. Nuti
Ormai è fatta E. Monteleone
La stanza del figlio N. Moretti
Il Partigiano Jhonny G. Chiesa
Azzurro D. Rabaglia
Caruso, zero in condotta F.Nuti
Ribelli per caso V.Terracciano
El Alamein E.Monteleone
Cattive inclinazioni P.Campanella
Tre giorni d’anarchia V. Zagarrio
Lavorare con lentezza G. Chiesa
Il Caimano N. Moretti
TEATRO
L’ingranaggio Sartre
Pittura sul legno Bergman
La notte dei carnefici Giorgio Celli
La bottega del pane Brecht
L’eccezione e la regola Brecht
Il Drago Schwarzs
La Peste Camus
Ubu re Jarry
Notte con ospiti Weiss
Piedigrotta Cangiullo
Chiar di luna futurista autori vari
Dolce amore poesia Caruso
Pastikke Benvenuti
Chi ha paura di J. Malik Jiga Melik
Io patria e famiglia A. Fago
Tropico di Matera A. Petrocelli
Puzza di basilico A. Petrocelli
Risotto F. Beggiato
L’incompiuta di Labiche Labiche
Il meraviglioso Stalin A. Petrocelli
Sottobanco D. Starnone regia D. Lucchetti
Un virus nel sistema regia M. Navone
Notte spersa radiodramma di Andrea di Consoli e Antonio Petrocelli
Declamazione Futurista di Antonio Petrocelli
Tesi di Laurea in Lettere, indirizzo storico, dal titolo "Lotte per la terra e l’imponibile di Manodopera nel Metapontino 1943/1953".
Autore e regista del cortometraggio "Il corpo del Che" presentato alla Mostra Cinematografica di Venezia 1996, nella sezione Finestra sulle immagini.
Vincitore del Premio Solinas sezione Racconto Cinematografico con il soggetto "All’alba il pane bianco" scritto con Franco Girardet.
Autore del romanzo "Volantini ora tocca a me partire…"
prefazione di Adriano Sofri
CalicEditori - Premio Libernauta 2004

DECLAMAZIONE FUTURISTA

Lettura filologica dei testi più conosciuti della poesia futurista, secondo lo stile declamatorio marinettiano e così come furono declamati dagli stessi autori nelle arroventate serate futuriste del secolo scorso.


DEFINIZIONE FUTURISMO F.T. Marinetti
MARCIA FUTURISTA parole in libertà di Marinetti
PAROLE IN LIBERTA F.T. Marinetti
BATTAGLIA DI TRIPOLI peso +odore parole in libertà F.T. Marinetti
PER TUTTE LE PALPEBRE F.T. Marinetti
LA FESTA DEL VILLAGGIO Giovanni Morana
SERA D’ESTATE Salvatore Quasimodo
CANZONE RUMORISTA Fortunato Depero
ALFABETO A RITROSO ( Alphabet von hinten) Kurt Schwitters
VERBALIZZAZIONE ASTRATTA DI SIGNORA Fortunato Depero
SUICIDIO (Suicide) Louis Aragon
PAESAGGIO + TEMPORALE Giacomo Balla
NUVOLETTE (Wolchen) Hugo Ball
CONTRO FIRENZE Giovanni Papini
SINTESI TOTALE DI UNA FESTA IN PROVINCIA Armando Cavalli
ACIAICIA sensazioni di metalli Fortunato Depero
KARAWANE Hugo Ball
COLORI Fortunato Depero
SiiO VLUMMIA – Torrente Fortunato Depero
ALLA BAIONETTA Fortunato Depero
CRISTALIZIA sensazioni di vetri Fortunato Depero
TRAMVAI Fortunato Depero
FIORILLERIA sensazioni di fiori Fortunato Depero
CANZONE DI MAGGIO Giacomo Balla
SPIRALANDO SUL PORTO DI NAPOLI F.T.Marinetti
PIEDIGROTTA Francesco Cangiullo
MACCHINA TIPOGRAFICA Giacomo Balla
TRINCEA Luca Labozzetta
BOMBARDAMENTO F.T.Marinetti
CANZONE PIROTECICA Francesco Cangiullo

Necessità tecniche: amplificazione e microfono (possibilmente ad archetto).
Un leggio.
Durata: un' ora circa.
ANTONIO PETROCELLI via toniolo 4 50026 san casciano in val di pesa firenze
mail: a.petrocelli@tele2.it