mercoledì 9 aprile 2008

Antonio Petrocelli affascina in Olanda - recensione di Silvia Terribili

NFORM - N. 235 - 18 novembre 2005
CULTURA ITALIANA
Recital di poesie futuriste ad Amsterdam e Rotterdam
Antonio Petrocelli affascina in Olanda con le sue Parole in libertà
AMSTERDAM - Un paese come l’Italia che spende senza batter ciglio 1200 milioni di euro per una missione di guerra, si rivela poi incredibilmente restio a scucire pochi spiccioli per organizzare una serata di poesia.
Per fortuna uno spettacolo di questo tipo costa poco, si può fare ovunque, in qualsiasi sala, anche senza luci e effetti speciali. E può risultare uno spettacolo straordinario, avvincente, affascinante.
Sto parlando di Parole in libertà, la lettura di poesie futuriste che Antonio Petrocelli, attore di cinema, teatro e TV ha proposto il 5 e 6 novembre 2005 in Olanda a Amsterdam e Rotterdam su invito dell’Istituto Italiano di Cultura e della Dante Alighieri.
Antonio Petrocelli è un attore fiorentino di origini lucane, con alle spalle una consolidata carriera cinematografica in più di 50 film con i principali registi italiani come Nanni Moretti, Gabriele Salvatores, Marco Bellocchio, Liliana Cavani e Enzo Monteleone e molti altri, nonché un discreto curriculum teatrale in circa 40 produzioni maggiori.
Essendo legata da personale amicizia a questo personaggio, e ritenendo che un attore come lui, con le sue potenzialità espressive, può permettersi solo di essere bravo, sono sempre molto esigente nel valutare le sue prestazioni professionali. Se in un film o uno spettacolo teatrale o una lettura poetica Antonio non mi convince, sono capace di scrivergli due cartelle di osservazioni gentili ed educate, ma piene di critica feroce.
Credo che ormai Petrocelli sappia bene che, se commette qualche faux pas, sono la prima a farglielo notare, almeno sul piano artistico.
Ma veniamo alla serata, dopo un primo avvio, peraltro brillante da parte dell’attore, ma accolto da prudente scetticismo da parte mia, sono stata costretta a capitolare e ho cominciato a ridere e divertirmi tanto da desiderare che quello show non finisse mai.
Il punto di non ritorno l’ho toccato con la declamazione della Canzone Rumorista seguita dalla Verbalizzazione astratta di signora di Fortunato De Pero. La forza di questi pezzi sta nel bellissimo connubio tra associazioni di idee, allusioni e ironia che li trasforma in una specie di corteggiamento giocoso nei confronti del pubblico, che non puo' più resistere e restare serio ed è costretto a lasciarsi coinvolgere, a soccombere alle sollecitazioni sempre più incalzanti dell’artista.
Una grande varietà di spunti e di acrobazie vocali viene offerta da Tramvai (al quale il poeta rivolge un saluto “metallico” a cui il tram -a modo suo, come potrebbe fare un tram quindi- risponde) e dai Colori, sempre di De Pero, in cui, in un bellissimo intreccio di poesia e astrazione filosofica, i colori vengono descritti e visualizzati lasciandosi guidare dalle associazioni mentali suggerite dalle sillabe, e dai suoni delle onomatopee, nate da una immaginazione geniale e a metà strada tra la poesia e la musica. Come si rappresenta il nero con la voce, e il grigio, e il rosso? Trattando i colori come fossero spartiti musicali che il fine dicitore futurista legge ovvero suona come fossero una frase musicale.
La poesia futurista sperimenta in continuazione le immense possibilità espressive non solo della parola, ma anche delle sillabe, dei suoni e delle unità minime di significato, scartando continuamente e saltando vivacemente da un campo semantico all’altro. Lasciandomi anch’io guidare da associazioni di idee, potrei ricollegare la loro operazione alle tecniche di priming con cui in psicolinguistica si sperimentano gli effetti delle parole sull’emisfero destro del cervello.
Antonio ci ha poi proposto la Canzone Pirotecnica di Cangiullo che è uno tra i pezzi che mi hanno colpito a prima vista. Giuro che, se chiudo gli occhi, Antonio mi fa « vedere » i fuochi d’artificio, i più belli, quelli non industrializzati, quelli dei ricordi delle feste di ferragosto al mio paese.
La Piedigrotta di Cangiullo è un pezzo frenetico e urlato in cui esplode tutta la napoletanità del poeta, in un ritmo sanguigno e direi quasi orgiastico che travolge lo spettatore.
Il recital si è concluso con due pezzi marinettiani, Spiralando sul porto di Napoli e Bombardamento con cui il brillante Marinetti (e il suo non meno brillante interprete) fa sfoggio della sua arte declamatoria e teatrale e attraverso sorprendenti “corridoi di analogie” e continui scarti semantici si rivolge direttamente agli amici e agli artisti che lo ascoltano.
E’impossibile declamare poesie futuriste se uno non ci crede veramente, se non si concede al pubblico, se non si espone e se non rischia. Non è facile essere presi sul serio dal pubblico proponendo testi come “zin zuozi zuazi zuezi…”. Ed è assolutamente impossibile far ridere se non si è bravi a recitare come Antonio. E cosa dire dell'Inno alla bajonetta e di tutta la gamma delle Sensazioni di fiori, vetri e metalli, pezzi virtuosistici di grande effetto, declamati o forse dovrei dire suonati mirabilmente dal nostro strumentista futurista.
La cura del particolare, l’attenzione ai dettagli senza perdere di vista l’unitarietà del proprio discorso. Anche in questo Petrocelli si è mostrato all’altezza del compito. L’abito di scena ad esempio, una camicia bianca con su stampati asimmetrici riquadri di parole in libertà, lontano da facili esagerazioni, niente trovate sopra le righe, il fascino insostenibile della leggerezza, della semplicità. Lo spettacolo di Antonio è racchiuso nell’energia del suo corpo, nella sua faccia, nella sua voce.
Antonio gioca con il pubblico, i suoi sguardi sono provocatori, una sfida continua a 360 gradi, sono sollecitazioni che arrivano al corpo, alla mente, all’anima. La comunicazione futurista è un’arma di seduzione totale, qualcosa che fa pensare al volumetto marinettiano : Come si seducono le donne. Come si seduce lo spettatore. “Bisogna continuare a insistere, esasperare, perfezionare il piacere “ dice Marinetti e il nostro fine dicitore insiste, in un’escalation di sollecitazioni sonore, visive, olfattive, dinamiche e tattili, in un’esplosione felice dei sensi.
Lo spettacolo è un insieme di gioco e riflessione sulla capacità di evocazione della parola nelle più sottili sfaccettature, uno studio ricercatissimo sulle potenzialità dell’onomatopea, qualcosa di molto semplice e raffinato allo stesso tempo. Io credo che esibizioni di questo tipo dovrebbero girare di più in Italia e che conquisterebbero subito il pubblico attento che ha voglia di giocare, per l’immediatezza e la giocosità e la leggerezza del messaggio. Divertimento allo stato puro, condito sapientemente da frecce e understatement che ti accendono dentro il sorriso e la voglia di vivere.
Riscoprire l’immenso patrimonio futurista, lavoro che Antonio pazientemente ha fatto riandando a scovare autentici “spartiti” futuristi ingiustamente dimenticati uscendo fuori dalle convenzioni e dal mainstream. Qualcosa di molto fresco, di originale, di grande effetto. Non dimentichiamo che il futurismo è stato forse l’ultimo grande movimento artistico europeo e internazionale caratterizzato da una incredibile libertà espressiva. Un momento giocoso in cui artisti di tutte le discipline in tanti paesi europei si sono riconosciuti e ispirati a vicenda. Non dimentichiamo che la ventata di libertà e di anticonformismo ha segnato anche un’importante fase liberatoria per l’emancipazione e la creatività femminile.
E, perché nell’attuale fase di riflusso post-femminista, non torniamo a valorizzare i testi e i lavori delle artiste e parolibere futuriste? Sarebbe un’operazione interessante proprio oggi in un momento in cui il ruolo della donna nell’immaginario mediatico è riprecipitato ai minimi storici, a livelli intollerabili di luoghi comuni, e stereotipi fortemente penalizzanti.
Antonio non è solo un abile performer futurista, ma anche ottimo attore e autore. Dopo il successo del suo primo romanzo autobiografico Volantini, ha nel cassetto un nuovo romanzo che è un’introspezione sulla condizione dell’attore e una dichiarazione d’amore incondizionato per il cinema e per tutto ciò che esso rappresenta.
Il suo secondo romanzo ha tutte le carte in regola per diventare un bellissimo film, se solo Antonio trovasse quattro o cinque amici disposti a partire per questo viaggio, persone con la sua stessa bravura e genialità che non avessero paura di realizzare un sogno.
Nel cassetto Petrocelli ha anche il Runzuliante, monologo teatrale basato sul Reduce del Ruzante, tradotto e recitato in dialetto lucano, la lingua madre dell’attore. Un testo tragicomico e profondo che può considerarsi una dichiarazione aperta di condanna di tutte le guerre.
Insomma, Antonio Petrocelli ci sa fare. Come attore, come autore, come performer futurista, come artista sincero, che sa trasmettere il senso del bello. Complimenti per uno spettacolo che richiede grande virtuosismo, ma non te lo fa pesare mentre ti stupisce e ti conquista per la varietà, la genialità, il perfetto dosaggio di eros e ironia. Bravo. (Silvia Terribili - Radio Onda Italiana, http://www.ondaitaliana.org/./Inform)
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